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CONVEGNO: LA LIBERTA’ NON HA PIZZO
“Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”. Comincia con le parole di Paolo Borsellino l’evento “La libertà non ha pizzo” tenutosi nella serata di venerdì presso l’Auditorium Santa Croce, moderatore Grazia Pia Attolini: l’informazione e la denuncia devono essere il primo passo per sconfiggere il racket, una delle forme più feroci attraverso cui la criminalità organizzata impone il proprio “dominio” sul territorio.
Dal 1995, però, gli imprenditori del barese hanno trovato nell’Associazione Provinciale Antiracket Antimafia un imprescindibile alleato nella lotta all’estorsione:“i cittadini devono sapere che non sono soli – spiega il Presidente Renato De Scisciolo – dire no ad un boss significa intimorirlo e a quel punto saranno loro ad avere timore di noi”.
Il fenomeno del racket è molto diffuso in Puglia e Bisceglie non fa eccezione: “ci sono giunte due-tre segnalazioni da parte di imprenditori biscegliesi – continua De Scisciolo – e sappiamo che la ’ndrangheta gestisce i profitti del nord-barese”. Il problema dell’omertà, tuttavia, resta: “alcuni anni fa sono stato qui per un incontro a porte chiuse con gli imprenditori locali vittime del pizzo, ma non si è presentato nessuno”.
Ma c’è chi ha saputo reagire, come Angela Castellano, che ha denunciato il racket a Bitonto: il suo sorriso è quello di “una persona libera”, che può camminare a testa alta e vivere “una vita normale”. Il calvario di Angela comincia nel 2001 quando il suo ex-marito, amante del gioco d’azzardo, è travolto dai debiti: “avevamo due attività commerciali a me intestate, due bar con ricevitoria e gli estorsori venivano ogni settimana scommettendo cifre sempre più alte e mai pagate…”.
Ha denunciato tutto e si è rivolta prima ad una fondazione, poi, lasciata sola e più volte minacciata, ha conosciuto l’Associazione Antiracket: un giorno, “tornata in treno a Bitonto, ho trovato i miei estorsori in cerchio, che mi aspettavano, ma io non avevo più paura e ho proseguito per la mia strada”.
La diffusione del racket è anche “colpa” di complici insospettabili come la parte peggiore delle istituzioni: quella che si piega alle logiche del compromesso, che resta “muta” e alimenta certi giochi di potere attraverso il “sistema delle municipalizzate”, come afferma Marco Di Stefano (aderente Libera Molfetta).
Spetta ai cittadini divenire promotori di un cambiamento radicale, pur nell’inevitabile diversità di idee che, a volte, tende a dividerli. Come? Informandoci: “quanti di voi – chiede al pubblico un appassionato Matteo D’Ingeo (esponente dell’associazione Liberatorio politico di Molfetta) – conoscono lo Statuto Comunale?” Solo una persona informata può essere considerata un “Cittadino con la c maiuscola”: fare “cittadinanza attiva” significa anche scegliere di leggere le mille pagine di un atto processuale perché la realtà si nasconde in queste carte.
L’attività e l’impegno di Liberatorio politico ha permesso, tra l’altro, la riapertura dell’indagine sull’omicidio di Giovanni Carnicella (ex-sindaco di Molfetta), che, a distanza di circa vent’anni, potrebbe riservare clamorose sorprese, ma D’Ingeo non si accontenta: nella lotta alla criminalità senza se e senza ma servono provvedimenti concreti come l’adesione di “tutti i Comuni all’Associazione Antiracket” ed è necessario che certe regole siano fissate per Statuto.
Oggi l’Associazione Provinciale Antiracket può contare su vari sportelli, alcuni dei quali in città-chiave come Molfetta, Bitonto e Altamura: ci auguriamo – affermano gli organizzatori, i ragazi del circolo “Peppino Impastato” – che tutti i movimenti e le associazioni biscegliesi che abbiano a cuore il tema della legalità, lasciando da parte particolarismi e sterili polemiche, possano fare “fronte comune” per sostenere l’apertura di uno sportello anche nella nostra città.
A cosa servono, quindi, incontri come questo? Semplice: ad INFORMARE e FORMARE, secondo una prospettiva no unilaterale, ma bilaterale: gli ospiti competenti parlano, informano -appunto- e chi è in sala interviene, apprende e torna a casa con la consapevolezza di aver scoperto che esistono realtà non denunciate, che esistono associazioni a tutela degli imprenditori e delle famiglie vessate, che esiste un modo per fermare la diffusione del racket e del pizzo e cioè FARE CITTADINANZA ATTIVA senza aspettare che sia il politico di turno a farsi carico della soluzione di un problema che solo noi possiamo evitare che si dirami. Ecco, incontri come quello organizzato dal Circolo “Peppino Impastato” vale la pena seguire come input di una più duratura diffusione della cultura della legalità. SIAMO NOI IL CAMBIAMENTO CHE VOGLIAMO VEDERE NEGLI ALTRI!